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Progetto
Ovidio - database
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Cicerone
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Della divinazione, II, 125
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originale
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125 Quotus igitur est quisque qui somniis pareat, qui intellegat, qui meminerit? Quam multi vero qui contemnant eamque superstitionem imbecilli animi atque anilis putent? Quid est igitur, cur his hominibus consulens deus somniis moneat eos, qui illa non modo cura, sed ne memoria quidem digna ducant? Nec enim ignorare deus potest, qua mente quisque sit, nec frustra ac sine causa quid facere dignum deo est quod abhorret etiam ab hominis constantia. Ita, si pleraque somnia aut ignorantur aut negleguntur, aut nescit hoc deus aut frustra somniorum significatione utitur; at horum neutrum in deum cadit; nihil igitur a deo somniis significari fatendum est.
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traduzione
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125 Ma quanti sono quelli che davvero obbediscono ai sogni, li comprendono, li ricordano? Quanto pi? numerosi, invece, quelli che li disprezzano e li considerano una superstizione degna di un animo debole, da vecchierelle? Quale motivo c'?, dunque, per cui la divinit?, premurosa verso tutti costoro, li avverta mediante sogni, mentre essi non ritengono quei sogni meritevoli non dico di attenzione, ma nemmeno di ricordo? Ch? da un lato la divinit? non pu? ignorare come la pensa ciascuno di noi, dall'altro non ? degno della divinit? fare qualcosa inutilmente e senza motivo; perfino gli uomini che agissero cos? si mostrerebbero poco seri! Perci?, se la maggior parte dei sogni sono ignorati o trascurati, una delle due: o la divinit? non sa che le cose stanno cos?, o ricorre senza frutto agli avvertimenti dei sogni; ma n? l'una n? l'altra cosa si addice alla divinit?; bisogna quindi riconoscere che la divinit? non ci d? alcun segno premonitore mediante i sogni.
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